Omaggio di un (ex) 17enne a Giorgio Bassani

Bassani_PM_MazzolaVenerdì prossimo, cent’anni dalla nascita di Giorgio Bassani. A lui devo la buona riuscita del mio esame di maturità, prova sostenuta nello stesso liceo (oggi tribunale) che lui frequentò. Sulla sua opera preparai la tesina (facoltativa ma caldamente consigliata) che mi permise di compensare, agli occhi della commissione, altri momenti dell’esame meno gloriosi.

Avevo 17 anni quando la scrissi, e da allora non l’ho più ripresa in mano. Ma l’ho conservata. E oggi, complice l’anniversario, l’ho ripresa in mano. Sono rimasto stupito. Certamente gran parte del lavoro era di compilazione, ma nell’insieme, mi sembra oggi, decentemente costruito ed espresso (con il dovuto scotto da pagare alla retorica di un liceale).

Inoltre c’è qualche passaggio che, questo lo ricordo bene, era “farina del mio sacco”. In particolare le righe dedicate agli oggetti e soprattutto alla bicicletta. Per esempio:

Scopriamo così una quantità di oggetti, che, presentati realisticamente, assurgono a simboli, come il telefono, attorno al quale l’autore si sofferma frequentemente, in specie nel Giardino. «Per difendere la propria libertà, non c’è niente di meglio che una buona derivazione telefonica» (p. 128). Il telefono può essere l’unico legame che rompe l’isolamento come tra il protagonista e Micòl, e sui cui filo corrono le fantasie […] Un altro simbolo è la bicicletta, cui l’autore è tenacemente attaccato, e non solo per ragioni ambientazione. È con la bici che il protagonista del Giardino vaga in solitudine per la città dopo la bocciatura in matematica. Alla bici, come fedele compagna, è affidato anche il compito di far avvertire l’inesorabile trascorrere del tempo. A pag. 57: «È nuova, una Wolsit: col fanalino elettrico, la borsetta per i ferri»; è il primo, titubante e speranzoso incontro con Micòl. A pag. 284: «Era una vecchia bicicletta, un catenaccio che ben difficilmente avrebbe fato gola a qualcuno»; il protagonista sta per scoprire il tradimento di Micòl con Malnate.

E ne scrivevo ancora. Più in generale, possiamo

riunire molti oggetti simbolo sotto uno stesso tema emblematico, che potrebbe andare sotto il nome di “diaframma”. Qui c’è solo l’imbarazzo della scelta: il muro di cinta (che dà il titolo all’omonima opera) separa il cimitero ebraico e lo isola, impedendone la visione di qualche zona alla stessa sentinella; un altro muro di cinta separa la villa dei Finzi-Contini dal resto della città. […] E i riti ebraici, fissano quasi l’eternità die gesti e formule, riuniscono gli israeliti tra loro, separandoli, però, dagli altri. […] Altri diaframmi sono la porta (… Dietro la porta!), la lastra di vetro: «Con le mani della fidanzata strette tra le sue, guardando entrambi, attraverso i vetri della finestra del salotto» (L’odore del fieno, pag. 91). La lastra ha poi, ne L’airone, un’importanza decisiva. Lo abbiamo già visto sopra. In questo romanzo, in cui tutte le “cose” diventano simboli, il tema della solitudine ha la sua apoteosi […]

Nell’entusiasmo della scoperta archeologica, ho scannerizzato, dalla copia su carta carbone, perché l’originale sarà negli archivi (con qualche correzione a mano, credo, degli immancabili errori di digitazione), le 32 pagine della tesina (pdf di 27,4 Mb). È discretamente leggibile senza dover ricorrere agli strumenti della paleografia. La data? 1973…
Manca l’indice. Eccolo:

Giorgio Bassani
Cenni biografici

Seguendo le opere (La sua attività poetica – “Le storie ferraresi” – “Il giardino dei Finzi-Contini” – “Dietro la porta” – “L’airone” – “L’odore del fieno”)
Letteratura della memoria?

La tematica (L’ambiente geografico-social-politico – La solitudine. Vita e morte)
L’espressione (Tra realismo ed elegia – La ”tecnica”)
La sua posizione nel panorama contemporaneo

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